27 Luglio 2024
Parola del Parroco

La Settimana Santa

La celebrazione della Settimana Santa, quest’anno inizia il 2 aprile, mette in risalto che la nostra Comunità parrocchiale è convocata dall’annuncio della passione- morte e risurrezione del Signore Gesù Cristo. Ma ci sentiamo veramente cristiani iniziati al mistero di Pasqua? S. Agostino, nel suo commento al Vangelo di Giovanni ( predicato prima di essere scritto), nel giorno in cui si leggeva il vangelo del cieco nato, chiese agli uditori: “ Voi siete tutti cristiani?”. Tutti gli risposero di sì, ovviamente; Agostino li incalzò: “Quanti fedeli e quanti catecumeni?”. Alla liturgia della parola infatti partecipavano i catecumeni; e accadeva pure che molti restassero catecumeni per una vita. Dopo aver contato le risposte, Agostino disse ai catecumeni : “accostatevi presto al Battesimo; perché siete ancora nelle condizioni del cieco con il fango sugli occhi; per vederci, dovete lavarvi alla piscina”.  L’immagine può essere ulteriormente approfondita: il cieco, dopo il bagno nella piscina, vide con gli occhi della carne, ma rimase cieco per l’essenziale. Soltanto quando, interrogato da Gesù, confessò la sua fede in Lui, fu davvero illuminato. La liturgia della Settimana Santa è appunto il momento supremo della iniziazione al mistero del Figlio dell’uomo. I sociologi, da tempo notano che in Italia c’è la tendenza del cattolicesimo a divenire una religione molto diffusa ma poco impegnativa. Il medesimo processo è in atto, e decisamente più avanti, nei paesi del nord Europa; li stiamo seguendo velocemente. Si tratta di un cristianesimo molto diffuso, ma solo proiettivo; esso incoraggia il singolo ad usare delle care immagini cristiane per nobilitare i propri modi di sentire e i propri desideri, ma che non invita a convertirsi. La fede è vissuta oggi per lo più come un genere di conforto per i giorni ‘normali’ della vita; non invece come la bussola per la vita quotidiana e addirittura come il viatico per il cammino estremo. Giobbe, alla fine del suo dramma, confessa d’aver appreso personalmente chi è Dio, di averlo addirittura visto, soltanto grazie ai giorni della sua pena. La religione, come vissuta nei giorni normali, molto assomiglia a un sogno, o a una favola affascinante appresa per sentito dire; in realtà, diventa forma della nostra vita soltanto nei giorni della sofferenza. Non deve stupirci. Anche Gesù, pur essendo Figlio, apprese l’obbedienza soltanto attraverso le cose patite e divenuto perfetto divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono (Ebr 5, 8-9). Lo stesso nome singolare aramaico con il quale Gesù chiamava Dio, Abbà, attestato nel vangelo di Marco, ricorre solo altre due volte in tutto il Nuovo Testamento- in due lettere di Paolo, quella ai Galati e quella ai Romani- per definire il rapporto di obbedienza che i discepoli, a imitazione di Gesù, hanno con il Padre celeste.  Il tratto paterno di Dio è oggi associato alla sua provvidenza instancabile e alla sua misericordia; nel Nuovo testamento il Padre è colui la cui volontà deve essere fatta : sia fatta la tua volontà. E’ un Padre, appunto, e non un nonno. Il rischio consistente è che proprio a motivo di questo tratto solo compassionevole e privo ormai di ogni precisa volontà nei confronti degli umani, Dio Padre muoia. L’antidoto più sicuro contro questo è appunto l’impegnativa scuola della Settimana Santa. Qui risalta più che altrove che Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, ha certamente una volontà precisa nei confronti della sua creatura; figli suoi si diventa mediante l’obbedienza, come accadde per il Figlio primogenito e a imitazione di Lui. E questa imitazione di Lui si apprende attraverso la scuola della sua passione. La fede dei figli grandi, e non ancora bambini, si edifica attraverso la celebrazione della Settimana Santa. Buona celebrazione della Settimana Santa.

                                                                                                                                                            Don Eros

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